Il combattimento di Tanredi e Clorinda - Lem56

Vai ai contenuti

Menu principale:

Il combattimento di Tanredi e Clorinda

classica > Barocco

Il combattimento di Tancredi e Clorinda

Madrigale rappresentativo di Claudio Monteverdi (1567-1643) dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso


Prima rappresentazione: Venezia, palazzo Mocenigo, carnevale 1624
Personaggi: il Testo (tenore), Tancredi (tenore, Clorinda (soprano)

01 Il  basso continuo accompagna il primo recitativo:


Tancredi che Clorinda un homo stima
vol ne l'armi provarla al paragone


02 Segue un disegno degli archi a descrive il vagare di Clorinda:

"Va girando colei l'alpestre cima
ver altra porta, ove d'entrar dispone".


03 Ecco all'improvviso lo stacco del 'Motto del cavallo', che accompagna, onomatopeicamente, con un ritmo sempre più serrato, l'arrivo di Tancredi sul suo cavallo:


"Segue egli impetuoso, onde assai prima
che giunga, in guisa avvien che d'armi suone
ch'ella si volge e grida ".


04 Un crescendo di tensione culmina nel grido declamato di Clorinda:


"O tu, che porte, correndo sì?
Rispose: - E guerra e morte".


05 L'atmosfera è carica di tensione e una calma innaturale prelude alla battaglia:


"e vansi incontro a passi tardi e lenti
quai due tori gelosi e d'ira ardenti".


06 Note larghe accompagnano il canto dell'invocazione della notte:


"Notte, che nel profondo oscuro seno
chiudesti e nell'oblio fatto sì grande".


07 piano e in crescendo inizia la lunga descrizione del combattimento: dapprima frammenti di frase ("non schivar", "non parar"), poi la declamazione del Testo in contrattempo; quindi figurazioni ritmiche sempre più delineate ("odi le spade orribilmente urtarsi"), rapide scale ascendenti e discendenti e infine il tremolo degli archi ("l'onta irrita lo sdegno alla vendetta"), portato da Monteverdi al massimo grado di tensione fino al punto di rottura ("Qui si lascia l'arco, e si strappano le corde con duoi diti"), che corrisponde esattamente al momento in cui i duellanti lasciano di tirare di spada e "dansi con pomi e infeloniti e crudi/ Cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi":

"Non schivar, non parar, non pur ritrarsi
voglion costor, ne qui destrezza ha parte.
Non danno i colpi or finti, or pieni, or scarsi:
toglie l'ombra e'l furor l'uso de l'arte.
Odi le spade orribilmente urtarsi
a mezzo il ferro; e'l piè d'orma non parte:
sempre il piè fermo e la man sempre in moto,
né scende taglio in van, ne punta a voto.
L'onta irrita lo sdegno a la vendetta,
e la vendetta poi l'onta rinova:
onde sempre al ferir, sempre a la fretta
stimol novo s'aggiunge e piaga nova.
D'or in or più si mesce e più ristretta
si fa la pugna, e spada oprar non giova:
dansi con pomi, e infelloniti e crudi
cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi".


Dopo la battaglia, una pausa: è l'alba. Il commento del testo si appoggia sul solo basso continuo, che accompagna anche il successivo dialogo tra Tancredi e Clorinda.

08 Tancredi chiede allo sconosciuto cavaliere di rivelare il suo nome:


"Ruppe il silenzio al fin Tancredi e disse,
perchè il suo nome l'un l'altro scoprisse:
- Nostra sventura è ben che qui s'impieghi
tanto valor, dove silenzio il copra.
Ma poi che sorte rea vien che ci nieghi
e lode e testimon degni de l'opra".


09 Clorinda non rivela la sua identità e irrita maggiormente Tancredi:


"Rispose la feroce: - Indarno chiedi
quel c'ho per uso di non far palese.
Ma chiunque io mi sia, tu innanzi vedi
un di quei due che la gran torre accese".


10 Riprende la lotta e in modo più violento. La muscia muta così improvvisamente:


"Torna l'ira ne' cori e li trasporta,
benchè deboli, in guerra a fiera pugna!
All'arte in bando, e già la forza è morta,
ove, in vece, d'entrambi il furor pugna!
O che sanguigna e spaziosa porta
fa l'una e l'altra spada, ovunque giugna
ne l'armi e ne le carni! e se la vita
non esce, sdegno tienla al petto unita".


11 Clorinda viene ferita a morte:


"Segue egli la vittoria, e la trafitta
vergine minacciando incalza e preme.
Ella, mentre cadea, la voce afflitta
movendo, disse le parole estreme:
parole ch'a lei novo spirto addita,
spirto di fè, di carità, di speme,
virtù che Dio le infonde, e se rubella
in vita fu, la vuole in morte ancella".


12 Tornano gli archi e accompagnano, con accordi tenuti alternati a pause Clorinda che si dichiara vinta ed invoca il salvamento dell'anima con il battesimo:


"Amico, hai vinto: io ti perdon... perdona
tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
a l'alma sì: deh! per lei prega, e dona
battesmo a me ch'ogni mia colpa lave".


13 Riprende la voce narrante che segue con emozione, il riconoscimento di Clorinda da parte di Tancredi:


"In queste voci languide risuona
un non so che di flebile e soave
ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,
e gli occhi a lagrimar invoglia e sforza".



14 Ora la descrizione del rituale battesimale:


"Poco quindi lontan nel sen d'un monte
scaturia mormorando un picciol rio.
Egli v'accorse e l'elmo empiè nel fonte,
e tornò mesto al grande ufficio e pio".



15 Gli archi si risentono solo alla fine, sulle ultime parole pronunciate da Clorinda:  "S'apre il ciel io vado in pace", con una conclusiva prescrizione esecutiva di Monteverdi: "quest'ultima nota va in arcata morendo":


>----------------------------------------------------------<

(liberamente tratto e riadattato dal Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi a firma M.V. che ringrazio)
CD edito da Harmonia Mundi [190986] Clemencic Consort

da
puoi veder ed ascoltare "Monteverdi: Combattimento di Tancredi e Clorinda"
altrimenti ascolti e vedi scorrere lo spartito 1^parte
2^parte 3^parte


Risali

Torna ai contenuti | Torna al menu